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Imposta di scopo: siamo riusciti a passare dalla teoria alla pratica?

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silhouette construction siteImposta di scopo: siamo riusciti a passare dalla teoria alla pratica?

     L’istituzione di imposte di scopo, così come descritte nel paragrafo precedente e anche nelle loro forme meno raffinate, rappresenta sicuramente un’apertura da parte dello Stato verso una maggiore trasparenza della propria azione e quindi verso una maggiore partecipazione e condivisione da parte dei cittadini e, qualora tale istituzione venisse delegata agli Enti Locali nel rispetto delle diverse esigenze e priorità appunto locali, rappresenta altresì un passo importante verso l’effettiva tangibilità e quindi verso una maggiore utilità diretta da parte dei cittadini chiamati a contribuire. Dopo alcune esperienze risalenti ai primi decenni del secolo scorso, le imposte di scopo sono state reintrodotte nel nostro ordinamento con la legge 296/2006, art. 1, comma 145, la quale concede facoltà ai Comuni di adottare l’ISCOP, l’imposta di scopo per le opere pubbliche. Tuttavia nel 2007 lo Stato centrale non era ancora pronto a concedere una vera autonomia ai Comuni e, nel mentre varava l’istituzione dell’ISCOP, poneva tutta una serie di limitazioni che l’hanno di fatto resa inattuabile. Analizziamo la natura di questi vincoli:

• COLLEGAMENTO ALL’ICI: L’ISCOP ha la stessa base imponibile dell’ICI, quindi grava sui proprietari di immobili quando è evidente che l’opera pubblica non viene realizzata solo a vantaggio dei proprietari di immobili e, in alcuni casi, co-me per esempio quello dei proprietari non residenti che si trovano a finanziare una scuola, senza alcun vantaggio per essi. Lungi pertanto dal realizzare quella gratificazione del cittadino rispetto a delle opere locali in base ai princìpi costituzionali di capacità contributiva e di progressività dell’imposta, questo limite opera in senso diametralmente opposto e comunque senza alcuna discrezionalità da parte dei Comuni

• ELENCO INDEROGABILE DELLE OPERE AMMESSE: L’ISCOP determina le opere pubbliche finanziabili con il ricorso alla stessa, limitando anche in questo caso la discrezionalità dei Comuni che dunque non possono seguire a pieno le esigenze delle rispettive popolazioni di cui hanno sicuramente maggiore consapevolezza rispetto allo Stato centrale. Tali opere sono le seguenti:

a) Opere per il trasporto pubblico urbano (irrilevanti se non inesistenti nei piccoli Comuni)

b) Opere viarie, con esclusione della manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere esistenti (quindi con possibilità di applicazione tendente a zero)

c) Opere particolarmente significative di arredo urbano e di maggior decoro dei luoghi (inattuabili senza una specificazione di cosa si intende per “particolarmente significative”)

d) Opere di risistemazione di aree dedicate a parchi e giardini

e) Opere di realizzazione di parcheggi pubblici

f) Opere di restauro

g) Opere di conservazione dei beni artistici ed architettonici

h) Opere relative a nuovi spazi per eventi ed attività culturali, allestimenti museali e biblioteche

i) Opere di realizzazione e manutenzione straordinaria dell’edilizia scolasti-ca.

Il punto a) non interessa i piccoli Comuni e risulta inapplicabile anche in quelli grandi se visto congiuntamente al punto b), il punto b) e quello c) sono prati-camente inapplicabili, i punti f), g) ed h) notoriamente non sono in cima alle priorità dei cittadini, il punto i) non interessa i cittadini non residenti che invece vengono chiamati a contribuire in quanto proprietari di immobili. Il suddetto elenco quindi non si limita a svilire l’autonomia di spesa degli amministratori co-munali sebbene riconosciuta dall’art. 119 della Costituzione, ma risulta di fatto largamente inapplicabile

• LIMITE MASSIMO DELL’ALIQUOTA: L’ISCOP non può superare lo 0,05% del prelievo ICI limitando molto il gettito praticamente destinabile ad opere pubbliche ben individuate secondo i princìpi fondanti dell’imposta di scopo

• LIMITE MASSIMO DEGLI ANNI DI PRELIEVO: L’ISCOP per una determinata opera pubblica non può essere prelevata per un periodo superiore a cinque anni, tale vincolo unitamente a quello del punto precedente rende decisamente difficoltosa la stesura di un piano finanziario che possa portare alla concreta realizzazione di un’opera pubblica

• APPLICAZIONE AD UNA PARTE DELLA SPESA: L’ISCOP non può coprire una per-centuale superiore al 30% della spesa complessivamente preventivata per una data opera pubblica. L’imposta di scopo viene quindi limitata a semplice inte-grazione di quanto stanziato nel bilancio comunale o comunque diversamente reperibile (per esempio tramite risorse comunitarie)

• RESTITUZIONE DEL TRIBUTO: L’ISCOP prelevata deve essere restituita ai contribuenti in caso di mancato inizio dei lavori entro due anni dalla data prevista dal progetto esecutivo. Tale limite, anche se costituisce una salvaguardia per i contribuenti, tenendo conto della necessità di reperire altrove la maggior parte delle risorse, alla complessità delle opere finanziabili e alla conseguente articolazione delle procedure burocratiche, contribuisce unitamente ai punti precedenti a dissuadere gli amministratori comunali dal ricorrere all’applicazione dell’ISCOP.

     Le osservazioni sopra riportate hanno di fatto reso impraticabile l’ISCOP, la quale nel 2007 è stata attivata in soli 18 Comuni, i cui effetti sono terminati a fine 2011. Altri due Comuni l’hanno istituita nel 2008, Bastia Umbra e Nocera Torinese, ma Bastia Umbra l’ha abolita in anticipo ad inizio 2011 per alleggerire la pressione fiscale sugli immobili nel frattempo intensificatasi. Nel 2011 è stata infine attivata nel Comune di Caserta. Pertanto oggi l’applicazione dell’ISCOP è limitata a due degli oltre 8.000 Comuni italiani e ciò dà la misura di come gli eccessivi limiti sopra esposti hanno di fatto annullato ogni effetto della normativa istitutiva dell’ISCOP.

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